Il contributo dei tirolesi di lingua italiana
alla difesa del Tirolo (4)
tratto da
"La tradizione degli Schützen nel Tirolo di lingua italiana" Erich Egg
volume pubblicato dalla Compagnia Schützen "Major Enrico Tonelli" di Vezzano (TN)
Grafiche Futura Mattarello (TN)
La sua dimostrazione di coraggio e di patriottismo fu molto gradita, ma gli oggetti che aveva portato gli vennero restituiti: si osservò che l'emergenza vera non era ancora cominciata e si voleva evitare di chiedere ai cittadini simili sacrifici. Nell' occasione venne letta la comunicazione del principe vescovo che si offriva di contribuire alla causa con argenteria, il cui impegno avrebbe potuto fruttare denaro contante per un valore di mille gulden.
Altrettanto patriottiche furono le iniziative dei roveretani, che fecero tutto quanto era nelle loro possibilità. Essi schierarono la milizia cittadina sul Monte Baldo e costituirono inoltre un grosso reparto, composto da nobili, cittadini e commercianti (più di mille uomini) che si unì alla milizia per difendere passaggi e predisporre fortificazioni, anche a costo di ingente impiego di denaro. La direzione generale della difesa territoriale destinò da Vienna come comandante dell'intera zona il conte Giovanni Castelbarco, che non temeva sacrifici di sorta. Nella Val del Sarca, in Val di Ledro e su, nelle Giudicarie ed a Lodrone, era stato inviato il capitano della città di Trento, conte Wolkenstein, incaricato di prendere tutte le misure per arrestare un eventuale attacco. A Storo si trovavano già i richiamati della Valsugana, oltre a quelli delle Giudicarie, al comando di Pietro Beltrami, Evangelisto Serafini, Pietro Poli, Malfatti di Ala e Giovanelli di Trento. In Val di Ledro tutti gli uomini atti alle armi erano stati richiamati.
Il conte Federico Spaur condivise con il Castelbarco l'incarico supremo della difesa del Tirolo meridionale.
Lacune strutturali e mancanze di organico delle truppe imperiali nella Valle dell'Inn indussero i tirolesi a migliorare sensibilmente l'intero apparato della difesa territoriale. Si era visto con grande chiarezza che gli Schützen erano tatticamente superiori sui passi del confine meridionale e che il Tirolo era troppo lontano da Vienna per potersi aspettare un aiuto decisivo da parte dell' esercito austriaco. L'ordine di richiamo temporaneo del 1704 aveva reclutato 8393 uomini; il secondo richiamo ne prevedeva quindicimila ed il terzo ventimila. Il terzo dei quattro reggimenti - reggimento Valle dell' Adige - era quello che comprendeva i richiamati da Merano fino a Lavis - 2214 uomini - nonché gli uomini della Val di Non, della Val di Sole e di Monreale.
Il quarto invece comprendeva esclusivamente tiro1esi del Sud ed aveva un organico di 1854 uomini. Essi erano suddivisi in dodici compagnie, composte da tiratori scelti e da iscritti nelle liste del tiro a segno. Un forte, intenso spirito li legava tutti solidalmente e non erano soltanto degli ottimi tiratori ma degli uomini che amavano con tutto il cuore la loro patria.
Il richiamo alle armi del 1711 non prevedeva ulteriori smembramenti; ecco l'organico delle principali compagnie interessate:
Compagnia di Rovereto 289 uomini --- Compagnia di Trento 317 uomini --- Compagnia della Valsugana 331 uomini
Compagnia delle Giudicarie 418 uomini --- Compagnia di Riva 210 uomini
Nel 1714 l'imperatore emise in favore del Tirolo un decreto ufficiale di autorizzazione alla chiamata alle armi(21). Confermati anche i quattro reggimenti, cui veniva riconosciuta documentalmente la funzione amministrativa.
Il secondo reggimento - Valle dell' Adige, con 1583 uomini - aveva sei compagnie.
La quinta compagnia aveva un capitano tirolese di lingua italiana, Domenico Vigilio Sorno, seguito da Sebastiano Manfroni. Tenente era Giuseppe Antonio Palladi, sottufficiale Alfonso Scutellari. Il terzo reggimento - 1325 uomini - era composto esclusivamente da trentini. Colonnello comandante era il conte Francesco Sebastiano Lodron, comandanti di compagnia: Carlo Antonio Balduini, capitano della seconda, Heinrich von Kässler della terza e Francesco Antonio Spaur della quarta. La musica - tamburo e piffero - era affidata a Jacopo Manzoni e Francesco Fälan. Infine al reggimento da sedici compagnie appartenevano almeno un centinaio di tirolesi italiani, scelti fra gli iscritti al tiro a segno.
Anno 1733: grande richiamo alle armi dei tirolesi italiani per la difesa del confine meridionale. Tuttavia la guerra in Italia non si estende al Tirolo.
Anno 1738: l'imperatore emette un'apposita ordinanza sui poligoni di tiro degli Schützen dell'intero Tirolo. Circa 132 poligoni, cosiddetti privilegiati, percepiscono contributi annuali per un totale di 1757 gulden.
Anno 1741: a causa dell'affollamento delle unità Schützen esistenti viene creato un secondo reggimento. Il desiderio di moltissimi di entrare nelle compagnie Schützen era giustificato dal fatto che essi non erano obbligati ad esercitazioni militari.
Uno degli Schützen più conosciuti, il colonnello Giuseppe Cazzan, già comandante del reggimento destinato alla difesa del confine meridionale, era contrario ad un certo tipo di addestramento militare, che riteneva senza senso quando si doveva combattere in montagna. E diceva: "L'arte della guerra non si trova nei libri, ancora meno fumando davanti ad un boccale di birra o giocando a carte o brigando per i favori di una donna, ma in battaglia e non pavoneggiandosi davanti agli uomini con passo molleggiato."
Durante l'impero di Maria Teresa (1740-1780) la difesa del territorio tirolese venne trascurata; sotto Giuseppe II (1780-1790) fu addirittura smantellata, vennero distrutte le fortificazioni di confine e venne istituita la coscrizione di uomini per la costituzione di un reggimento tirolese facente parte dell' esercito austriaco. Ma ai tirolesi non piaceva prestare servizio militare obbligatorio per dodici anni e combattere fuori della loro terra. Il reggimento venne costituito ma con un certo numero di giovani attaccabrighe e di reclute boeme e finì per non portare il nome di reggimento tirolese.
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(21)_ In pratica una nuova "ordinanza per la difesa".
A integrazione della nota n. 20 di pagina 14, relativamente alle notizie riguardanti la caduta del Castello di Arco riportata nel testo come avvenuta il 27 agosto, in seguito a recenti ricerche da parte della Compagnia Schützen di Vezzano presso l'archivio della parrocchia di Tavodo, dove è stato rinvenuto il diario manoscritto del parroco don Gerolamo Dusini di Cles, si riscontra questa versione dei fatti allora accaduti. Il Castello di Arco capitolò il 17 agosto dopo otto giorni di assedio per mancanza di munizioni. Il 20 agosto venne attaccato il Castello di Drena che si arrese dopo un massiccio cannoneggiamento. L'avanzata dei francesi proseguì oltre Cavedine e Castel Madruzzo fino al paese di Ranzo ed ai monti soprastanti. Partirono allora da Molveno dove erano concentrate le compagnie degli Schützen al comando dei capitani Cazzan di Egna e Zorzi di Stenico che raggiunsero Ranzo attraverso il monte Gazza ed assalivano all'alba del 27 agosto i francesi che si erano trincerati nel cimitero del paese ed avevano piazzato le spingarde sul campanile della chiesa. L'assalto degli Schützen fu così violento che rimasero uccisi cinquantasei francesi ed altri centoquarantaquattro furono fatti prigionieri.