a
"Uomini e genti Trentine durante le invasioni napoleoniche 1796 - 1810"
di prof. mons. Lorenzo Dalponte - Edizioni Bernardo Clesio Trento anno 1984
12) Cronistoria giudicariese 1800
1 8 0 0
Con la primavera 1800 si riaccende la guerra tra Francia ed Austria su suolo italiano. In aprile Genova, occupata dai Francesi, viene investita per mare dagli Inglesi e per terra dagli Austriaci. Napoleone interviene personalmente e scende in Italia con un'armata di 60.000 uomini e il 14 giugno sconfigge a Marengo gli Austriaci, obbligandoli ad abbandonare il Piemonte e la Lombardia.
Nel Trentino si teme nuovamente per i confini meridionali. Vengono pertanto richiamate e distribuite le compagnie nelle zone di difesa, mentre le Comunità si organizzano nuovamente per il loro sostentamento e avvicendamento. “Che spesa enorme! - commenta il notaio Ongari - e forse, come si discorre, converrà andar tutti in massa ... Siamo in una somma penuria di mezzi e tutti siamo afflitti e travagliati.”
C'è un decreto del Consiglio Amministrativo che è come una medaglia a doppio senso: da una parte testimonia la presenza di avversioni e ritorsioni da parte di genitori e di padroni, contrari alla resistenza armata, o per carenza d'amore patrio e poca simpatia nelle norme di governo d'allora o per ragioni pratiche, infastiditi d'esser abbandonati da figli e da mezzadri in periodi di pesanti lavori; e d'altra parte dimostra l'adesione di questi giovani alla mobilitazione di difesa. II testo afferma: “Ravvisando l'Imp. R. Cons. Amm.vo come un oggetto di gravissimo pregiudizio alle leggi fondamentali dell'inclita Provincia del Tirolo, l'inconsiderata e condannevole contrarietà dei Padri verso i propri figli, dei padroni verso le persone che si sono arruolate nelle compagnie dei Bersaglieri, scacciando i primi dalla casa paterna i propri figli ed i secondi dal loro servizio i servi o gente impiegata nelle rispettive possessioni, non può i1 medesimo che altamente disapprovare un simile ardito contegno”.
I colori della bandiera austriaca di oggi, le tre strisce orizzontali rosso-bianco-rosso appaiono già intorno al 1230, come colori della potente famiglia Babenberg alla quale, nel 10° secolo, l'imperatore Ottone I aveva affidato l'amministrazione dell'Ostmark (più tardi Österreich, cioè Austria), che comprendeva anche una parte della valle del Danubio.
Sulle origine di questi colori esistono solo delle legende. La più famosa racconta che il conte Leopoldo V di Babenberg, dopo l'assedio di Acri (1187-1191) durante la terza crociata, ebbe il suo vestito bianco tutto coperto di sangue, era rimasta solo una striscia bianca sotto la larga cintura che reggeva la spada. Visto che Leopoldo aveva perso la sua bandiera in battaglia, l'imperatore Federico Barbarossa gli regalò una nuova con i colori rosso-bianco-rosso. In questo quadro di Hans Part (intorno al 1490) è raffigurata la scena della consegna della bandiera
Sulle origine di questi colori esistono solo delle legende. La più famosa racconta che il conte Leopoldo V di Babenberg, dopo l'assedio di Acri (1187-1191) durante la terza crociata, ebbe il suo vestito bianco tutto coperto di sangue, era rimasta solo una striscia bianca sotto la larga cintura che reggeva la spada. Visto che Leopoldo aveva perso la sua bandiera in battaglia, l'imperatore Federico Barbarossa gli regalò una nuova con i colori rosso-bianco-rosso. In questo quadro di Hans Part (intorno al 1490) è raffigurata la scena della consegna della bandiera
stemma antico del Tirolo
In settembre l'Ongari annota ancora: “Si dice che per Tione sfilano continuamente truppe, e Bersaglieri verso Storo; ed oggi sono passati molti soldati anche per Rendena. Dio voglia che in breve calino in Italia per dar la caccia ai Francesi, e Cisalpini, cacciandoli ben lontani da questi paesi; altrimenti i nostri guai diventeranno sempre maggiori, perché non ci lasciano venire biada nel Paese”.
Ad accrescere la sofferenza concorre una stagione secca, torrida.
Da metà luglio alla fine di agosto la terribile siccità compromise seriamente i raccolti in tutto il Trentino. Non era tuttavia questo malanno la preoccupazione maggiore, ma l'accentuato timore d'un ritorno della guerra.
“Si può dire - continua I'Ongari - che da tre mesi a questa parte siamo sempre stati fra l'incudine e i1 martello. Fu rinnovato due volte l'Armistizio. In Tione, e contorni sempre truppe, e bersaglieri ora di viaggio verso Storo, ed ora di ritorno, sempre carri, e muli a condur loro paglia, legna e fieno; ma Rendena per grazia speciale, salvo Pinzolo, fu quasi affatto esente da' quartieri. Questi ultimi giorni poi hanno sftlato verso Storo, Condino circa 18 mila uomini”.
Ai primi di dicembre, tutti i segantini e arrotini giudicariesi ch'erano a lavorare nella Repubblica Cisalpina dovettero rimpatriare in seguito ad un bando contro di essi; e alla fine di dicembre i Francesi, dopo vari tentativi, riuscirono a venire al di quà del Mincio.
La guerra era ancora alle porte: i timori d'una nuova invasione erano giustificati perché si capiva che Napoleone intendeva dare un colpo mortale all'Austria nei suoi domini italiani. II cronista di Riva, Fiorio, commenta in quei giorni: “Oggi, 27 dicembre, giunse il reggimento Lelli, composto la maggior parte di Francesi, tutta gente bella e fiera ... Si sentono nuovamente incominciate le ostilità. Dio buono! Che mai debba finire per noi questa tragica scena? Che mai più si possa godere quella pace beata che godevano i nostri padri ?”
Questo era l'unanime sospiro della gente, alla fine del 1800. II continuo passaggio di truppe imperiali aveva favorito in qualche modo il commercio dei prodotti agricoli perché venivano pagati all'istante dell'acquisto. La circolazione del danaro era stata facilitata dall'introduzione della carta moneta, delle “cedole di banco”. Un nuovo codice giudiziario, compilato per incarico del Vescovo Pier Vigilio dei Conti Thun dal Professore di diritto Barbacovi, era stato promulgato e bene accolto perché faceva scomparire nelle procedure giudiziarie molti arbitri e abusi di chiaro spirito feudale. Erano fatti positivi che servivano se non altro a salvare la speranza d'un domani migliore. Ma non c'era ancora la pace.
Nel grigiore autunnale dell'annata, ancora un ultimo impressionante fatto di cronaca in Val Giudicarie: “II 27 novembre, di giovedi, a Stenico, furono decapitati dal boia di Merano, quattro uomini come omicidi proditori di Antonio Baldracchi da Strada e di Rosa di lui moglie”.