Il contributo dei tirolesi di lingua italiana
alla difesa del Tirolo (3)
tratto da
"La tradizione degli Schützen nel Tirolo di lingua italiana" Erich Egg
volume pubblicato dalla Compagnia Schützen "Major Enrico Tonelli" di Vezzano (TN)
Grafiche Futura Mattarello (TN)
Allo stesso modo le Giudicarie, pur rientrando nel territorio del Principe Vescovo di Trento, avrebbero messo a disposizione della Val di Non un contingente di cinquecento uomini. In caso di emergenza a Riva i distretti dislocati lungo il confine meridionale (Rovereto, Ala, Avio) avrebbero dovuto contribuire alla difesa con cinquecento uomini, la Valsugana con trecento.
Per l'eventuale difesa delle Giudicarie e del Passo Tonale, erano previsti cinquecento uomini provenienti dalla Val di Non e da altri distretti, Trento compreso. Se tali forze non fossero bastate ad ulteriori aiuti avrebbe contribuito il Tirolo tedesco.
Il richiamo alle armi avveniva sino alla concorrenza di diecimila uomini, regolarmente suddivisi in compagnie. Il primo reclutamento dell'epoca venne organizzato come segue:
- distretto dell'Adige, da Egna fino a Lavis, compresi Mezzocorona e la Val di Fiemme 223 uomini
- distretto della Valsugana 503 uomini
- distretto di Trento, città di Trento, Arco, Riva, Giudicarie e Val di ledro,(di cui 223 dalla sola città di Trento) 861 uomini
- distretto della Vallagarina (da Rovereto ad Avio) 600 uomini
- distretto della Val di Non e Val di Sole (di cui 516 dal principato vescovile). 677 uomini
Le compagnie del tempo erano costituite per il 20% da uomini armati di lance e di alabarde, per il 40% da uomini muniti di fucile da tiro (gli iscritti nelle società di tiro a segno) e per il resto da moschettieri. Come si vede un equipaggiamento assai moderno per quell'epoca. Ogni compagnia era comandata da un capitano e comprendeva abitualmente un alfiere, un tenente, un furiere, un infermiere, tre sottufficiali, un tamburino ed un pifferaio. All'epoca successe quasi sempre che la leva dei cinquemila uomini era inadeguata a fronteggiare 1'emergenza.
Una cronaca del 1605 riferisce, per quanto riguarda i volontari, che in quell'anno se ne presentarono 152 a Trento, 46 in Valsugana, 234 in Vallagarina ed a Rovereto, 234 nelle Giudicarie e 266 in Val di Non. I moschettieri (le cui armi non erano personali, ma erano custodite in appositi magazzini) erano 728. Ma è da tenere presente che essi non erano abili nel tiro come gli Schützen dato che non praticavano, al contrario degli ultimi, un costante esercizio nel tiro al bersaglio. Si riferisce che gli Schützen erano, in tutto il Tirolo meridionale, circa milleduecento.
I depositi di armi erano dislocati ad Ossana, Riva, Kofel (enclave tirolese e fortifiicazione naturale nel distretto veneziano della Valsugana)(16), Beseno e Primiero.
Gli Schützen costituivano dunque la colonna portante del reclutamento degli uomini destinati alla difesa territoriale, sia perché si esercitavano costantemente nei poligoni di tiro sia perchè ognuno di essi possedeva uno "stutze", noto fucile, spesso a canna corta, che era custodito in casa. È fuori dubbio che il cosiddetto "spirito del tiratore" era assai ben radicato e consolidato. I poligoni di tiro sparsi nei vari distretti ricevevano un contributo annuale di 18 gulden per ogni cento iscritti da parte della amministrazione della Principesca Contea.
Una volta terminata la guerra dei Trent'anni (1618-1648), o per meglio dire passata la pressione del nemico sul Tirolo (vittoriosa battaglia di Reutte nel 1632)(17), si provvide, nel 1636(18), ad organizzare la difesa territoriale su base militare, vale a dire inquadrando gli uomini in reggimenti. Ecco quelli che figurarono nella leva successiva, con una previsione di circa ottomila uomini:
1. reggimento Tirolo del Sud 1891 uomini
2. reggimento Valle dell'Adige (con la Val di Non) 1896 uomini
3. reggimento Nord Tirolo 2247 uomini
4. reggimenti Val d'lsarco, Val Pusteria e Wipptal 2247 uomini
carta del Tirolo. Trento e Bressanone
Ogni reggimento era composto da 13 compagnie (dette anche drappelli). La suddivisione del reggimento in unità minori aveva lo scopo di permettere l'occupazione di posizioni strategiche o di passi difficilmente accessibili, cosa che era possibile soltanto a gruppi ridotti di uomini, che tuttavia dovevano essere strettamente interdipendenti sotto gli aspetti organizzativo e strategico-tattico.
Gli Schützen odiavano i comportamenti militari, esercitazioni comprese. E' vero, l'esercito effettuava esercitazioni, normalmente nella bella stagione, talvolta anche di tiro. Ma a questo gli Schützen non erano minimamente interessati: da aprile ad ottobre, ogni domenica, essi raggiungevano il loro amato poligono di tiro e sparavano un certo numero di colpi al bersaglio; di più non facevano, non effettuavano esercitazioni di altro tipo.
Ciò era la conferma della volontarietà del loro agire, autentica espressione della libertà personale e non solo passatempo.
Nel 1650 vennero istituite nell'esercito anche compagnie di volontari. La durata della leva territoriale (ad es. quella degli ottomila uomini) fu inizialmente di tre anni ed interessò gli uomini dai 24 ai 45 anni d'età. Il comitato di leva del 1657 lo estese, a causa del continuo verificarsi di emergenze, dai 15 ai 60 anni. Gli Schützen facevano gioco a parte: erano volontari, d'accordo, ma non vollero mai essere inseriti nella milizia territoriale.(19)
Nel 1659 venne istituita la carica di colonnello comandante degli Schützen, che ebbe un proprio ufficio attivo sino al 1918. Tale ufficio comprese allora, e comprende tuttora a livello sia amministrativo che politico, la funzione di capitano regionale. Il colonnello degli Schützen disponeva il continuo rifornimento di armi ai depositi, che nel 1691 si trovavano a Trento, Telvana, Ivano, Kofel, Beseno, Rovereto, Penede ed Arco. In tutto 266 stutzen, 1916 moschetti e 698 tra picche ed alabarde. Dal 1677 era aperta anche una lista che comprendeva tutti gli iscritti al tiro al bersaglio.
Ma la quiete degli ultimi anni venne rotta nel maggio del 1701 dallo scoppio della guerra di successione spagnola fra Austria, Francia e Baviera, quando 1'armata impeeriale al comando del principe Eugenio di Savoia trovò il confine meridionale del Tirolo sbarrato dalle truppe francesi e si dovette aprire la strada per l'Italia settentrionale muovendosi avventurosamente verso Thiene attraverso la Val di Terragnolo e il Passo della Borcola, verso Schio attraverso la Vallarsa e per la Val Fredda verso Breonio e Verona. La milizia di Ala e di Avio venne richiamata per dar manforte.
Nel 1703 un esercito francese forte di ventimila uomini(20)si avvicinò al Tirolo del sud attraverso la Valle dell' Adige e la Val di Ledro mentre nella Valle dell'Inn il prinncipe elettore bavarese Massimiliano Emanuele occupava Innsbruck, trovando tuttavia al Brennero ed a Landeck (ponte di Pontlatz vicino a Prutz) una forte resistenza che lo costrinse a ritirarsi dalla regione.
I francesi marciarono su Trento con tre colonne di truppe, nonostante l'impossibilità di congiungersi con gli alleati bavaresi. La colonna che marciava sulle Giudicarie fu blocccata a Storo ad opera dei richiamati delle stesse Giudicarie, di Ledro e della Vallagarina. La seconda colonna riuscì invece ad avanzare fino a Ledro e Riva assediando il Castello di Arco, che il 27 agosto si arrese e fu distrutto. Gli scontri avvenuti a Cavedine e nei presssi di Molveno contribuirono a rallentare la colonna che proveniva da nord. Le forze tirolesi che qui trovarono impiego furono la milizia di Cavedine, circa milleduecento Schützen del Sud e quattro compagnie di tedeschi. La terza colonna francese avanzò nella valle dell' Adige da Rivoli ed il 1 settembre raggiunse Trento, che tuttavia resse bene all'assedio ed ai bombardamenti succedutisi fino a tutto il 6 settembre. Allora i francesi levarono le tende e dopo la battaglia di Ledro abbandonarono il Tirolo meridionale.
In occasione di quest'invasione i tirolesi del sud avevano impiegato a difesa duemila uomini della milizia e tutti gli Schützen disponibili, fra cui anche un paio di compagnie "cittadine". Lo storico tirolese Albert Jager loda il comportamento dei tirolesi del sud nel suo libro sull' invasione franco-bavarese del 1703 (Innsbruck 1844, pagg. 103 e 347) esprimendosi così: "Se Trento non fu conquistata si deve al patriottismo dei suoi cittadini, che impiegarono ogni loro avere nella difesa della loro patria minacciata dal nemico francese. Il 16 luglio, durante l'assemblea degli incaricati dei quartieri della città per l'esazione delle tasse, assemblea che aveva già inviato Franz Crivelli a Bolzano con l'incarico di procurarsi qualche aiuto in denaro, il sindaco di Trento, Francesco Franceschini, diede prova di grande fervore patriottico estraendo di tasca sei dobloni d'oro e posando sul tavolo un paio di candelabri e delle posate (tutti oggetti in argento) offrendosi di conferire dell'altro se ciò non fosse bastato.
Contea Principesca del Tirolo e Vorarlberg [Vallardi, Mailand 1827]
(16) In italiano Covelo, frazione di Primolano, dove in cima alle cosiddette "scale di Primolano" esisteeva una poderosa fortificazione austriaca, della quale sono tuttora visibili le rovine.
(17) Nell'estate del 1632 gli SchUtzen tirolesi respinsero le truppe svedesi provenienti dalla Germania a nord del distretto di KitzbUhel (Arcivescovado di Salisburgo).
(18) Da un'idea portata in discussione della dieta tirolese anni prima, Claudia de Medici, vedova del prinncipe tirolese Leopoldo V, favorì l'emissione del provvedimento legislativo "Libello di riforma della difeesa ten'itoriale" (1636). La dieta lo approvò formalmente a Vipiteno l'anno successivo.
(19) Per il tiro a segno cfr. M.A. Mariani in "Trento con il Sacro Concilio, et altri notabili", pago 438, edito ad Augusta, 1673).
(20) Estate 1703: il generale francese Louis Vendome al comando di tre colonne di uomini avanzò attraaverso le Giudicarie, lungo il Monte Baldo ed in Vallagarina allo scopo di ricongiungersi con gli alleati bavaresi. Fallito il tentativo di avanzare verso nord, Vendome fece bombardare la città di Trento per diversi giorni senza peraltro riuscire ad attaccarla.