"Uomini e genti Trentine durante le invasioni napoleoniche 1796 - 1810"
di prof. mons. Lorenzo Dalponte - Edizioni Bernardo Clesio Trento anno 1984
8) Prima invasione francese con Napoleone 1796
Come è già stato accennato, dalla corrispondenza intercorsa tra il Gen. Bonaparte, Comandante Supremo dell'armata francese in Italia, e il Direttorio parigino, si rivela che da ambedue le parti non si ignoravano le difficoltà che l'esercito avrebbe incontrato nell'attraversare le valli e le montagne del Tirolo. Nell'applicazione di una strategia divenuta proverbiale, di marciare divisi e battere uniti, con cui Napoleone manovrava i suoi battaglioni, egli disponeva di un servizio di esploratori e di informatori di altissima qualità. Sapeva che, dopo la conquista della Lombardia, le popolazioni del Tirolo erano in allarme e stavano affannosamente provvedendo alla difesa dei confini.
Non escludeva nemmeno un insuccesso e pertanto faceva curare anche da parte delle sue truppe ripari e trinceramenti a Sud del Monte Baldo, verso la Chiusa di Verona.
Da Tortona, sede del suo quartiere generale, il 14 giugno 1796 rivolse un primo proclama in Francese “Aux habitants du Tjrol” «Agli abitanti del Tirolo! - Passerò sul vostro territorio, coraggiosi tirolesi, per obbligare la Corte di Vienna ad una pace necessaria per l'Europa... L'armata Francese rispetta ed ama tutti i popoli, soprattutto gli abitanti semplici e virtuosi delle montagne. La vostra religione, i vostri costumi saranno dovunque rispettati... Ma se c'é chi non conosce abbastanza bene i suoi veri interessi per prendere le armi e trattarci da nemici, saremo terribili, come il Fuoco del cielo; bruceremo le loro case e devasteremo il territorio dei villaggi che prenderanno parte ad una guerra che non li riguarda ... “
Non pensava certo che le popolazioni tirolesi fossero così attaccate alle loro tradizioni ed animate da un sentimento patriottico tale da osar di affrontare la vittoriosa armata Francese. II manifesto di Napoleone venne distribuito dai suoi avamposti nella zona di Dolce, in Val Lagarina, nelle Valli Giudicarie, e fatto giungere in numerose copie a Riva, a Torbole e a Rovereto. Ma non ottenne un forte effetto, non fece grande impressione; le minacce espresse nel testo finirono per fare arrabbiare la gente.
Fu come uno scossone elettrizzante, di stizza. La reazione si manifestò in breve tempo nella stampa e perfino nel canto; ed è assai significativo che le compagnie dei giovani bersaglieri, in marcia verso il confine meridionale, fossero in brevissimo tempo in possesso di canzoni nuove dal sapore patriottico e antifrancese.
Probabilmente ne fu informato anche Napoleone che, in data 13 agosto 1796, dal suo Quartier Generale di Brescia inviava un secondo proclama agli abitanti del Tirolo, questa volta redatto in francese, italiano e tedesco (quest'ultimo, in un pessimo tedesco, N.d.R.). Eccone il testo:
“Libertà Eguaglianza
Dal Quartier Generale di Brescia li 13 fruttidoro anno IV della Repubblica Francese.
BONAPARTE
GENERALE IN CAPITE DELL'ARMATA D'ITALIA,
AGLI ABITANTI DEL TIROLO
Voi sollecitate la protezione dell'Armata Francese, bisogna rendervene degni, e giacché voi per la maggior parte siete bene intenzionati, costringete questo piccol numero d'uomini a sottomettersi. L'insensata loro condotta, tende ad attirare sulla loro patria i furori della guerra.
La superiorità delle armi Francesi è oggi evidentemente comprovata; i Ministri dell'Imperatore comperati coll'oro della Inghilterra lo tradiscono; questo disgraziato Principe non fa nissun passo, che non sia falso.
Voi volete la pace? I Francesi combattono per quella, noi non passiamo sul vostro Territorio, che per obbligare la Corte di Vienna ad arrendersi ai voti dell'Europa desolata, ed intendere i lamenti de' suoi Popoli, noi non veniamo in queste contrade con viste ambiziose d'ingrandimento, la natura ha fissati i nostri limiti al Reno, ed alle Alpi, nel medesimo tempo ch'ella ha fissati quelli della Casa d'Austria nel Tirolo.
Tirolesi! Qualunque sia stata la vostra condotta passata, ritornate ai vostri focolari, abbandonate quelle insegne tante volte battute, ed impotenti per difenderli.
Non è già un piccol numero di nemici in più, che possano temere i vincitori dell'Alpi, e dell'Italia, ma sono alcune vittime di meno, che la generosità della mia nazione mi ordina di risparmiare.
Noi ci siamo resi terribili nei combattimenti, ma siamo amici di quelli, che ci ricevono con ospitalità.
La Religione, le costumanze, le proprietà. de' Comuni, che si sottometteranno, saranno rispettate. I Comuni, le di cui Compagnie Tirolesi non si saranno ritirate alle loro case al nostro arrivo, saranno incendiati; gli abitanti saranno presi in ostaggio, e mandati in Francia.
All’orche un Comune si sara sottomesso, li Sindaci dovranno tosto consegnare la nota di quegli tra gli abitanti, che saranno al soldo dell'Imperatore, e se essi fanno parte delle Compagnie Tirolesi, s'incendieranno sul momento le loro case, e si arresteranno i loro parenti sino al terzo grado, li quali saranno inviati in ostaggio.
Tutti i Tirolesi, che fanno parte dei Corpi Franchi presi colle armi alla mano saranno sul momento fucilati.
Gli Generali di Divisione sono incaricati della stretta esecuzione del Presente Proclama.
BONAPARTE
Questa volta il proclama non restò senza risposta. Tre giorni dopo, la Deputazione di Difesa di Bolzano fece giungere nelle città e nelle valli del Tirolo Meridionale il seguente appello:
“Ai Fedeli Tirolesi!
Egli è già la seconda volta, che nel corrente anno per un caso quanto inaspettato altrettanto fatale il pericolo della guerra si è avvicinato ai confini della nostra patria; e non è ignoto a questa principesca e provinciale Deputazione del Tirolo meridionale, che tale avvenimento sparse una comune costernazione.
In queste circostanze la Deputazione si sente in dovere d'informare la patria più da vicino del suo vera stato di cose.
Il pericolo, in cui si trova la patria, non può occultarsi; ma non è però, che quello sia arrivato ad un segno, da lasciarci disanimare.
Egli è ora appunto il tempo da far risaltare l'innato valore de' Tirolesi, i quali non mancheranno al certo di darne le più luminose prove.
Il nostro coraggio non sara una cieca temerità. Abbiamo ai confini della nostra patria una forte e valorosa imperial regia armata, capace di difenderci, e di riparare fatali perdite, che non sono mai state disgiunte da qualunque guerra. Abbiamo il vantaggio di una situazione del nostro paese guernito di monti, ed infine ci deve sovvenire, che siamo Tirolesi, e che se alcune volte siamo stati assaliti dagli inimici, non fummo pero mai vinti.
Resteremo vincitori anche questa volta, quando pur si voglia, e lo sa il Cielo, che la volontà non ci manca.
Procuriamo dunque d'impiegar tutti li mezzi, che condur ci possono al conseguimento d'uno fine tanto glorioso; cominciamo coll'implorare con tutto il fervore l'onnipossente aiuto del Signore degli eserciti; passiamo indi ad impegnare anche le nostre forze ...».
Il Generale Bonaparte, con i suoi proclami al popolo tirolese, mirava ad intimidire le compagnie dei volontari bersaglieri ed a costringerle a tornare a casa. Ma nulla di questo si verificò. Già alla fine di maggio s'era iniziato a riattivare le vecchie trincee del Monte Baldo, che risalivano al tempo del Principe Eugenio di Savoia, cioè al 1703, ed a scavarne di nuove. A questo scopo erano stati assoldati operai di Lavarone e fatti venire a S. Cecilia di Chizzola 30 minatori chiamati canopi da Chiusa di Bressanone.
Alla fine del giugno 1796 (26 e 28 giugno) le truppe francesi attaccarono queste difese. La resistenza che opposero soprattutto i bersaglieri e la guerriglia che questi, come truppe di montagna, scatenarono creando gravi perdite tra ufficiali e soldati, suscitò più volte la rabbia dei comandanti francesi, che alla fine dichiararono di non riconoscerli come soldati regolari. E si volle dare un pubblico e feroce esempio di rappresaglia. Quando la truppa Francese arrivo, il 5 settembre, alla periferia di Trento, incontrò un'ultima inaspettata resistenza da parte di insorti tirolesi e di pochi squadroni di ussari, posti a difesa del Fersina e della porta di S. Croce. Quattro bersaglieri caddero nelle mani del Francesi con le armi in pugno. Furono dapprima buttati in prigione e poi fucilati pubblicamente, 1'11 settembre 1796, davanti alla porta di S. Lorenzo. Si conoscono i nomi: Nicola Orion di Lavis, Giovanni Galvagni di Prezzo (Pieve di Bono). Angelo Silvestri da Enguiso (Valle di Ledro) e Battista Marinelli da Verva (Valle di Non).
Questo episodio è entrato a far parte della storia. Nelle intenzioni del comando francese avrebbe dovuto annientare la volontà di lotta dei bersaglieri tirolesi, opera invece l'effetto opposto. Tutta la popolazione, quando lo venne a sapere, fu scossa da sentimenti di vivacissima condanna e di reazione e molti bersaglieri decisero di vendicare gli infelici compagni. Con raddoppiata tenacia fu bloccata l'avanzata francese sulle Colline di S. Michele dalle truppe del generale austriaco Davidovich che schiererà tre divisioni, una agli ordini del Gen. Loudon tra Zambana e Val Traversara verso Terlago, un' altra tra Salorno e Lavis, ed una terza tra Sover e Pine.