Le invasioni francesi a Cimone (1)
Le invasioni del 1703
pagina precedente: difesa Tirolo meridionale pagina seguente: le inasioni francesi a Cimone (2)
Francia e Austria avevano scatenato una immane lotta per subentrare, quali eredi, nel vastissimo impero spagnolo. È la guerra di successione spagnola che durerà ben 13 anni, dal 1701 al 1714, dapprima in favore della Francia e poi in favore della coalizione antifrancese; terminerà con la spartizione fra i vincitori di tutti i possessi spagnoli in Europa.
Il Tirolo meridionale viene subito coinvolto in questa guerra tra gli eserciti dell'Imperatore d'Austria Leopoldo I e quelli franco-ispanici del re di Francia Luigi XIV, il Re Sole, con i quali si era schierato anche l'elettore di Baviera, Massimiliano II.
Nei primi due anni il territorio della Vallagarina è attraversato in continuazione, ed anche presidiato. dalle truppe imperiali austriache che cercano di impedire all'esercito francese, il quale aveva già occupato tutta la pianura padana, di oltrepassare i confini del Tirolo. Memorabile è l'impresa del generale Eugenio di Savoia, al servizio dell'Impero Austriaco, che a fine maggio dell'anno 1701, con un contingente di truppe di molte migliaia di soldati dotati di artiglieria pesante, attraversa le valli di Terragnolo, di Vallarsa e della Val Freda per aggirare alle spalle l'esercito francese accampato nella pianura veneta(1).
Le truppe francesi tuttavia, pur fra alterne vicende belliche, erano riuscite a mantenere le loro posizioni nell'Italia settentrionale. Ora il loro obiettivo era di penetrare nel Tirolo dal sud, ricongiungersi con le truppe bavaresi, loro alleate, che già avevano invaso il Tirolo dal nord, per penetrare assieme nel cuore della monarchia asburgica e conquistare Vienna.
Verso la fine del luglio 1703 il maresciallo francese Luigi Giuseppe duca di Vendòme, travolte le difese austriache, entra nel Tirolo meridionale dopo aspri combattimenti con le truppe regolari, ma soprattutto con la milizia territoriale ed i bersaglieri tirolesi sul monte Baldo e nelle Giudicarie. Il 10 settembre, attraverso la val del Sarca e il Bus de Vela, riesce a raggiungere i dintorni di Trento, occupando Sardagna, Piedicastello ed il Dos Trento.
Nel medesimo giorno, 10 settembre, anche un'altra colonna francese, proveniente invece dalla Vallagarina, aveva cercato di raggiungere Trento. Queste truppe, provenienti anch'esse dal monte Baldo, si erano separate a Mori dal grosso dell'esercito che si dirigeva verso Trento attraverso la valle del Sarca; non essendo riuscite ad oltrepassare l'Adige a Mori e Rovereto, tentano di raggiungere la città di Trento seguendo la sponda destra. Non riescono però a forzare il passaggio del "Còel", strettoia al confine di Nomi verso Aldeno, dove erano state approntate con urgenza delle fortificazioni di difesa; cercano allora di aggirare l'ostacolo portandosi a Castellano e Cei, per poi proseguire verso Trento attraverso Cimone e poi Garniga o Aldeno.
In località "Foié", fra Cei e Cimone, trovano però un altro ostacolo: una grande barriera di fuoco sbarra la loro marcia verso Trento, e le truppe francesi sono costrette a retrocedere.
Anche le truppe che assediano Trento non hanno migliore fortuna. La città, bombardata per sei giorni consecutivi, dal 2 all'8 settembre, oppone un strenua resistenza e respinge le reiterate proposte di resa. Il generale Vendòme, essendo anche venuto a conoscenza che i suoi alleati bavaresi erano stati sconfitti e cacciati dal Tirolo del nord, decide allora di ripiegare, sempre attraverso la val del Sarca, e l'11 settembre abbandona i territori occupati, lasciandosi però alle spalle i paesi saccheggiati e distrutti.
Il ricordo di questa enorme barriera di fuoco, che aveva salvato il paese di Cimone dall'invasione nemica e quindi dal saccheggio e dalla distruzione è ancora vivo nella popolazione locale.
Esistono però anche altre testimonianze di questo episodio: un quadro votivo, raffigurante in alto la Pietà in gloria fra S. Giorgio e S. Antonio da Padova, ed in basso le Anime del Purgatorio e devoti che pregano per loro, con la seguente didascalia: "quando l'anno 1703 la Magnifica Comunità di Cimone, restata libera dall'invasione dei Francesi, fece fare quest'opera qual voto. Raccomanda ai suoi posteri i suffragi per le povere anime del Purgatorio. A.c.".
haspinger gemaelde defregger
Inoltre esiste la testimonianza del giorno festivo del 10 settembre che la Comunità di Cimone fece voto di celebrare perpetuamente in ringraziamento dello scampato pericolo, solennizzandola anche con una processione nel luogo dove erano state fermate le truppe nemiche, in questa località trovasi ora un capitello-cappella dedicato a S. Anna.
La popolazione di Cimone era sicuramente a conoscenza delle devastazioni che le truppe francesi avevano compiuto nei paesi vicini. Mori era stata parzialmente bruciata, a ViIlalagarina erano state incendiate 28 case 3 e così nei paesi limitrofi. In una nota per ottenere un risarcimento dei danni subiti, così dichiarano i paesi della giurisdizione di Nogaredo:
" ( ... ) la nota delle danni che sono stati datti per rabbruciamento delle case delli sudditi di queste Giurisdizioni nel'invasione dei Francesi nel Tirolo nel mese di settembre 1703, giurata e legalizzata, ascende alla summa di fiorini 21.054. Intanto tutti quelli che sono iscritti nella suddetta nota supplicano l'Alta Sua Benignità di procurargli il sollievo perché molti o per non aver li mezzi di rimettere le loro case, devono abbandonarle o lasciarle precipitare affatto ( ... )
È quindi comprensibile la felicità e la riconoscenza degli abitanti di Cimone per essere stati preservati da tali catastrofi. Anche altre Comunità avevano fatto voti in quell'occasione:
"Era il 5 agosto 1703 quando la città di Rovereto vedendosi rimpetto ardere Isera e una parte della borgata di Mori, tremebonda per la sovrastante ruina e sforniti d'ogni terrena difesa, ricorrea gemente ad implorare i soccorsi dell'Onnipotente, facendo voto alla Madre degli afflitti perché la scampasse da tanto eccidio; voto che tuttavia si sollennizza da questa città ogni anno in quel giorno"
"Il giorno di venerdì 10 del mese di agosto 1703, giornata festiva di S. Lorenzo (celebrata in memoria del combattimento di Calliano - 10 agosto 1487 - nel quale giorno i veneziani furono sconfitti dai Trentini) (la città di Trento) stabilì proponere che cessando il pericolo del'invasione nemica da questa patria, di far celebrare d'anno in anno perennemente una messa solenne cantata nella cattedrale di questa città nel giorno da stabilirsi in onore del glorioso S. Vigilio, Patrono e Protettore nostro e per formare in detta cattedrale un Altare (l'attuale altare maggiore)
In riconoscente memoria per la liberazione del Paese anche il Governo tirolese fa erigere a Innsbruck, nell'anno 1704, davanti al palazzo della Dieta, un monumento "la colonna di S. Anna .. Annasäule", che ancor oggi si può ammirare nel pittoresco ed animato centro della città di Innsbruck, nel mezzo della Maria-Theresien Strasse.
Una nota del P.V. Ordinariato di Trento del 6 luglio 1884, rivolta al Decanato di Villalagarina per la divulgazione nelle Curazie e Parrocchie così raccomanda l'osservanza del voto fatto dalla Provincia del Tirolo nel 1704:
"In ringraziamento a Dio per la liberazione di questa Provincia dall'invasione nimica avvenuta nel 1703, gli Stati del Tirolo nel susseguente anno fecero voto di rendere in tutta la Provincia giorno di astinenza e di digiuno la vigiglia della Immacolata Concezione di M,V" di fare ai 26 luglio in Innsbruck una processione dalla chiesa parrocchiale alla colonna di S. Anna nel sobborgo di Neustadt, ed ai 9 settembre una a Trento dalla Cattedrale alla chiesa di S. Maria Maggiore, come pure di distribuire in queste due città, dopo la processione una determinata limosina a sei poveri uomini et ad altrettante donne.
L'adempimento di questo voto venne interrotto per le passate belliche vicende, e fu trascurato durante il Regio Bavaro Governo. Nel 1816 fu in Innsbruck ripristinato ma soltanto riguardo alla processione.
Volendosi ora ristabilire in tutte le parti del Tirolo l'adempimento del voto, fatto dall'intera Provincia, fu rimesso ai Rev.mi Ordinariati di Salisburgo, Bressanone e Trento la decisione riguardo all'osservanza della vigiglia con digiuno, i quali concordemente dichiararono che i Curatori d'anime debbano istruire il popolo del predetto voto fatti dagli Stati Tirolesi nel 1704 ( ... )"
Per meglio comprendere gli avvenimenti che caratterizzano questo periodo storico, compreso anche quello delle guerre napoleoniche, ed il perché del coinvolgimento di tutta la popolazione e forse in parte anche il motivo delle rappresaglie dell'invasore, è forse opportuno accennare brevemente come era organizzata la difesa del Principato di Trento.
Nell'anno 1511, il 24 giugno, Massimiliano I, come Imperatore d'Austria e Conte del Tirolo ed i quattro Stati della Dieta tirolese (Prelati - Nobili - Città e Contadini) da una parte ed i due Principi Vescovi di Bressanone e Trento dall'altra, stipularono una convenzione, il così detto "Libello dell'Il" (Landlibell) che riguardava gli obblighi militari.
La Confederazione tirolese o meglio la Provincia tirolese, in base a tale accordo, era tenuta esclusivamente alla difesa diretta dei propri confini, cioè solo del proprio paese, ed era esonerata dal servizio militare obbligatorio verso l'lmpero.
In caso di aggressione al proprio territorio, la Provincia del Tirolo doveva arruolare, a seconda del bisogno, un contingente composto da 1.000 a 20.000 combattenti e, se necessario, proclamare anche la leva in massa. Il contingente di combattenti che spettava alla Giurisdizione di Castellano e di Castel Nuovo, cui apparteneva anche Cimone, nell'anno 1704 era di 56 e 6/8 nella prima chiamata, di 84 e 15/16 nella seconda e di 113 e 1/4 nella terza.
L'arciduca Otto tra i genitori
Erano questi i "bersaglieri", detti anche "sìzeri" (dal ted. Schützen) o più spesso "difensori della Patria", intesa però in senso 'stretto di paese o regione. In tempo di pace tutti gli abili al servizio militare erano tenuti ad esercitarsi al tiro su un bersaglio, in apposite località che hanno poi preso il nome di "bersaglio", e "bersaglieri" venivano perciò chiamati questi tiratori al bersaglio.
Le singole Comunità dovevano approntare i relativi elenchi ed estrarre a sorte coloro che, in base alla quota assegnata dalla propria Giurisdizione in proporzione ai fuochi, dovevano prestare il servizio di difesa, servizio che non era mai continuativo, ma turnato a periodi brevi di una o due settimane, e ciò per non danneggiare le famiglie per i lavori agricoli. Il soldato estratto aveva la facoltà di farsi sostituire da altra persona pattuendo un equo compenso.
La Provincia disponeva anche di una milizia territoriale (i miliziòti), che in caso di aggressione veniva impiegata come truppa di pronto intervento, ed in tempo di pace per il controllo dell'ordine pubblico. L'arruolamento avveniva nel medesimo modo di quello dei bersaglieri.
Ecco il "ruolo delle milizie delle Giurisdizioni di Castellano e Castelnuovo nel 1703.
Nogaredo 4 - Villa 5 - Brancolino 2 - Revian 2 - Sasso 2 - Noarna 2 - Pederzano 6 - Piazzo 6 - Savignano - 2 Castellnano - 6 - Cimone 4 Stefano Brun caporale, Valentino Bisest, Dominico Zanot, Giovanni Rossi - Garniga 3, Domenico marchel, Valentino Zanlucchi, Mattio Zanlucchi - Aldeno 6, Valentin Anderlot, Simon Enderle, Leonardo Micheletti, Girolamo Enderle, Leonardo Enderle, Simon Fasan.
Naturalmente lo Stato non era assente nei momenti di pericolo ed interveniva con il proprio esercito regolare. Il primo urto e le azioni più delicate di difesa e di offesa erano però affidate ai combattenti locali ed alla popolazione.
E sono probabilmente queste truppe locali, appoggiate dalla popolazione di Cimone che il 10 settembre 1703 riescono ad organizzare lo sbarramento di fuoco, accatastando e poi incendiando grandi quantità di legna nella valletta che scende da Cei e difendendone i fianchi scoscesi delle "Coste" verso le "pale" del Bondone e della "Calza" verso Bastornada. Queste truppe locali saranno ancora maggiormente protagoniste durante le invasioni napoleoniche.
Negli anni seguenti l'impegno di Cimone, come pure quello dei paesi vicini della Vallagarina, diventerà solo economico, però sarà egualmente pesante. Nel fondo valle in Aldeno è un continuo andirivieni di soldati dell'esercito regolare, che si spostano da una località all'altra o addirittura si fermano anche per più giorni perché ammalati. Le spese vengono sempre ripartite fra le Comunità in base ai "fuochi".
"Adì 4 gennaio 1706 fu spedito dall'Ill.mo Sig. Conte Wolkenstein di dover dare ad un sig. dotor porzioni di boca n. 2 al giorno per giorni 4 fanno troni 8".
"Adì 2 genaro 1706. Il Sindigo di Naldeno darà alli presenti due soldati il quartiere questa notte, come anco qualche cosa da mangiare come una supa e pane e una portione di vino - Conte Wolkenstein".
"Adì 8 gennaio 1706 fu spedito un ordine dell'Ill.mo Commissario Sig. Giorgio Fontana di dar portioni a soldati di pane N. 132".
"Adì 14 gennaio fu spedito un comando dell'Ill.mo Commissario Fontana di dare portioni di pane N. 100 alli presenti soldati ammalati".
"Adì 14, fu spedito un Comando dall'Ill.mo Sig. Commissario Fontana di dare alli presenti soldati portioni di pane N. 136 del Reggimento Guido Stahrenberg".
"Adì 19 genaro 1706. Fu spedito altro Comando dall'Ill.mo Commissario Sig. Fontana di dover dare N. 22 portioni da boca e quartiero a vinti soldati del Regimento Prussiano Christian Ludovico".
"Adì 13 feb.ro 1706. La Comunità di A1thenn (Aldeno) somministrerà per questa sera ai presenti due artiglieristi due porcioni da boca con vino, dovendoli dimani marciare a Brentonico in loro quartiere - Gasparo Conte di Wolkenstein".
"Adì 3 agosto 1706. È capitato l'ordine dell'Ill.mo Sig. Conte Wolkenstein di dover dare portioni a soldati N. 23 del Regimento Bagoian".
Le comunità della Giurisdizione di Nogaredo nel denunciare i danni conseguenti all'incendio delle case, ammontanti a fiorini 21.054, così concludono: "volendosi adunar tutti li danni; assummeerebbero a fiorini 50 mila tra pietanze, carezi, denari, fieni, legna, paglia, candele e altro, fatti per servizio di Sua Maestà Cesarea nella congiuntura di questa guerra. Non chiedono questo, ma almeno un indennizzo per le case bruciate". Gli aggravi degli acquartieramenti delle truppe regolari superavano addirittura i danni subiti dalle comunità durante l'invasione nemica.
La suddivisione fra tutti i paesi della Giurisdizione di Nogaredo dei danni relativi alle prestazioni fatte ai soldati dopo il 1703, diede luogo ad una lunga controversia. Un primo "scomparto" delle quote spettanti ad ogni singolo comune, era stato concordato dai rappresentanti delle parti il 27 dicembre 1735. La Comunità di Cimone, però, riunita la Regola Generale, non lo aveva ratificato. La definizione della vertenza si avrà solo l'anno seguente 1736.
1) Zotti R. - Storia della Valle Lagarina (1862) voI. II • Lorenzi E. L'invasione francese del 1703 (1900).