"Terroni" sul Corriere dell' Alto Adige...
Lettera pubblicata sul Corriere dell' Alto Adige:
Ho letto "Terroni" del giornalista Pino Aprile. Seicentomila copie vendute
l'autunno scorso, recensioni su quotidiani e riviste varie. Un grosso successo anche all'estero. Della storia del Sud, mia terra d'origine, sapevo quello che riportavano i testi scolastici: antica grandezza, lunga serie di dominazioni e, infine, elogio alla magnanimità di chi ci aveva "liberati", Garibaldi e annessi Savoia.
In realtà, nella vita quotidiana, di storie ne conoscevo altre: emigrazioni
continue, povertà in una terra pur rigogliosa, rassegnazione e diffidenza verso
uno Stato sentito estraneo e sanguisuga. Ma, come tanti miei conterranei,
preferivo sorvolare, guardare altrove. Ebbene, dopo aver letto il libro, ho
pianto. Di rabbia. Ed è cominciata la mia ricerca. Ho trovato una infinità di
testimonianze, documenti, ancora libri e libri . . .
La retorica dei testi scolastici è miseramente caduta, per far posto alle astuzie di una conquista,
alle uccisioni di massa, alla miseria più nera che i "liberatori" ci
regalavano, alla diaspora dei meridionali nel mondo. E alla nostalgia che ogni
tanto si fa insopportabile. Il 26 agosto scorso ero a Mola di Bari, mio paese
d'origine. La sala era colma di gente. Pino Aprile parlava. E' stato in una
manciata di minuti che ho pensato alla terra dove vivo attualmente, alla sua
gente che ho imparato ad amare e apprezzare. Ne ho dedotto che un sottile filo
potesse accomunare due popolazioni che vivono a mille e più chilometri di
distanza.
Conoscevo quasi niente dei Sudtirolesi, quando vivevo in Puglia. La parola
"Sudtirolo" era abbinata a "terroristi". Ancora adesso queste sono le
allusioni più facili da sentire quando scendo giù per l'Italia. La storia
scolastica trasmette ciò che fa più clamore. Di conseguenza prevalgono luoghi
comuni e verità di parte.
Altri luoghi comuni hanno accompagnato noi meridionali quando, sparsi per il
mondo, abbiamo cominciato ad essere così fastidiosi e, nello stesso tempo,
utili.
Dunque, popolazioni lontane mille e più chilometri, portate a far parte dello
stesso Stato; così sconosciute l'una all'altra, eppure così vicine per vicende
subite. Perchè è così, Meridionali e Sudtirolesi sono entrambi, anche se in
modo diverso, dei conquistati. Messi a vivere in confini che non volevano per
strategie decise da altri, intorno ad un tavolo. Che importanza hanno le
armonie spezzate, le ferite, le conseguenze devastanti? Penso a quei soldati
borbonici, che riusciti a scappare dai lager dei Savoia, si rifugiarono in
Tirolo. Qui, arruolatisi nell'esercito Austro-ungarico, combatterono contro
l'usurpatore Vittorio Emanuele.
Riesco ancora a cogliere qualcosa che accomuna se penso a due popoli messi di
fronte alla scelta drammatica di esodi dolorosi.
I Sudtirolesi furono stranieri in casa propria; tradizioni derise, lingua
madre da nascondere. Fu dittatura e burocrazia che calavano da lontano.
Dovette somigliarsi anche la rabbia e l'impotenza per la violenza subita che a
loro volta generarono la forte risposta di "terroristi sudtirolesi" e "briganti
meridionali".
Il Sudtirolo trovò la sua strada grazie anche a tutele internazionali. Ma fu
la presenza di "patriarchi" a conservare l'anima della sua gente.
La tragedia dei meridionali fu dieci volte quella tirolese. Per la gente del
Sud non ci furono tutele: fu un genocidio, fu autentico furto, fu esodo. Fu
dittatura e burocrazia che calavano da lontano. E fu anche l'inizio
dell'alleanza dei Piemontesi con i furbi e i delinquenti locali. Ebbe inizio
così la mafia, la camorra, la 'ndrangheta che svilupparono il controllo del
territorio con la tacita, compiacente e interessata tolleranza dello Stato
Sabaudo. Adesso si vuole festeggiare. Si deve celebrare. Che martellamento di
retorica!
Anche chi volle credere in un progetto unitario, vedi Giustino Fortunato,
pianse amaramente dopo l'evidente scempio perpetrato ai danni di luoghi e
popolazioni. Dall'Unità d'Italia il Sud è uscito a pezzi per arricchire altri.
Per quanto riguarda i Sudtirolesi, inglobati a forza nei nostri confini, che
senso hanno per loro, centocinquanta anni di Unità d'Italia? L' autonomia in
Sudtirolo ha portato una invidiabile posizione ma ritengo che il "sentire" di
un popolo non abbia niente a che vedere con la ricchezza raggiunta. Io mi sento
cittadina del mondo ma ho innanzitutto bisogno di una identità mia,
fondamentale. E' necessità basilare di ogni persona.
Più che dare bacchettate è bene rispettare i sentimenti altrui e attendere
che i nostri figli e nipoti formino un popolo nuovo.
La vita e le storie vanno avanti, nessuno vuole rimanere abbarbicato al
passato anche se, purtroppo, il passato, nel mio Sud, è stato determinante per
lo stato attuale delle cose. Ed è per questo che io, Meridionale, di fronte ai
festeggiamenti di questa Unità, sorriderò e tirerò avanti.
Celebriamo piuttosto il buon senso di tutti quegli uomini e donne che,
nonostante le forzature subite, le migrazioni sopportate, ogni giorno creano
unione e cammino comune attraverso i problemi che la vita quotidiana pone o
attraverso relazioni di solidarietà che si intrecciano e creano speranze.
E' questa l'Unità.
Ogni popolo ha una terra-madre a cui non può essere sottratto per arbitrio
altrui.
E si impari a scrivere verità sui libri di scuola perchè io, solo ora ho
saputo cos'hanno dovuto subire i miei avi dai cari "fratelli d'Italia"!
Margherita Gaudiuso
Bolzano, 13 febbraio 2011
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